“Dalla ceramica al Raku in 4 punti” tratta il lungo processo di innovazione della ceramica: dall’argilla cotta sul fuoco, alle tazze da tè, al Raku. La ceramica entrò a far parte delle vite delle persone, le quali nel corso del tempo, ne migliorarono la tecnica, l’uso, l’estetica e ne facilitarono la diffusione in tutto il mondo…
Questo articolo vuole essere il primo di una serie intenta a trattare l’argomento della ceramica raku. Questo primo appunto intitolato “Dalla ceramica al Raku in 4 punti” spiega come la ceramica ebbe bisogno di un tempo di diffusione lungo per arrivare a migliorarne la tecnica di lavorazione, creare nuovi modi di fare ceramica, nuovi usi e nuove tradizioni.
Col tempo si scoprirono nuove miscele e nuovi processi di cottura grazie ai quali si crearono innovativi prodotti ceramici, compreso il Raku. Tutte le persone che negli anni contribuirono alla ricerca e alla sperimentazione ebbero un ruolo fondamentale per arrivare agli oggetti in ceramica del giorno d’oggi.
Cos’è la ceramica?
- La parola “ceramica” deriva dal greco “kéramos” che significa letteralmente “argilla per stoviglie”
- Con il termine ceramica, si intendono tutti quei manufatti a base di materie argillose a cui vengono aggiunti altri materiali a seconda delle esigenze.
- Questo tipo di materiale è un materiale inorganico, non metallico, molto duttile allo stato naturale, ma rigido dopo la fase di cottura.
- Esso fu il primo materiale ad essere utilizzato dall’uomo, in virtù della sua capacità di assorbire acqua, divenire malleabile al tatto e facilmente plasmabile, per realizzare vasellame e altri oggetti indispensabili per conservare cibi e bevande, fin dalla preistoria. L’arte della ceramica risale infatti a circa 10.000 anni fa.
Dalla ceramica al Raku in 4 punti
Diffusione della ceramica: quando, dove e come
Si pensa che la sua invenzione sia avvenuta solo due volte nella storia dell’uomo: tra le popolazioni sahariane e in Giappone. Da questi luoghi d’origine si è poi diffusa in tutto il mondo. I primi manufatti sono del neolitico, e si compongono di vasellame cotto direttamente sul fuoco.
I manufatti considerati più antichi risalirebbero quindi al XI millennio a.C. e sono stati ritrovati in Kyushu, Giappone.
- La ceramica dipinta venne esportata dall’Anatolia e dai territori siriaci verso l’Europa intorno al III millennio a.C.
- Poi ci fu l’introduzione della verniciatura vetrosa, in uso a partire dal II millennio a.C. in Mesopotamia, la quale migliorò ulteriormente la resistenza all’usura e le caratteristiche estetiche.
- L’antica Grecia ereditò la tecnica della ceramica dalla civiltà minoico-micenea, tanto che dal VI al V secolo a.C. Atene dominò i mercati con la sua produzione di vasi, ma nel IV secolo a.C. iniziò un lento e inarrestabile declino.
- Sorsero altre fabbriche locali in Beozia, Etruria, Magna Grecia e Sicilia.
- Intorno all’anno mille nel tentativo di imitare i prodotti orientali gli artigiani europei crearono la maiolica.
- Verso la fine dell’Ottocento la produzione di ceramica prende corpo, grazie all’introduzione di alcune tecniche industrializzate. In Italia, nel modenese, si mette a punto una tecnica che permette di aumentare la produzione di piastrelle, all’epoca in uso quasi solo in cucina e bagno.
… dagli anni 50 in poi
- Negli anni Cinquanta si introducono altre consistenti migliorie, quali la pressa automatica e il forno a tunnel. Con queste varianti si riesce a raggiungere una produzione su scala medio-larga, necessaria per sostenere un mercato in forte espansione.
- Ma è negli anni Sessanta e Settanta che il mercato della ceramica italiana vede una vera impennata. La produzione viene completamente automatizzata in tutte le sue fasi e viene introdotto un nuovo macchinario: l’atomizzatore.
- Dagli anni Ottanta in poi, infine, la produzione della ceramica italiana si concentra soprattutto sulle tecniche di cottura veloce (cottura rapida monostrato) e sulla riduzione dell’impatto ambientale della produzione.
Quali sono i prodotti ceramici e le argille?
Continuiamo il nostro percorso, dalla ceramica al Raku in 4 punti, vedendo come nella grande famiglia della ceramica i diversi tipi di miscela e di cottura portano ad una distinzione dei manufatti in due gruppi fondamentali:
- I prodotti ceramici a pasta porosa, per esempio: terracotta, maiolica e terraglia. Sono quelli che acquisiscono una porosità più o meno accentuata a seconda del tipo di cottura.
- I prodotti tipici a pasta compatta, per esempio: gres e porcellana.
Presentano bassissima porosità e buone doti di impermeabilità per effetto della saldatura delle particelle, ottenuta elevando la temperatura di cottura al punto di greificazione (fenomeno di saldatura dei granuli, che precede la fusione nel processo di cottura dei prodotti ceramici e che determina un aumento della resistenza meccanica e dell’impermeabilità).
Ceramica Raku: tra i prodotti ceramici a pasta compatta
Dalle tazze da tè al Raku
La creazione della Ceramica Raku è stata introdotta da Chõjirõ, negli anni 50’. In quel periodo la ceramica smaltata a vetro tricromata (san cai) era prodotta a Kyoto e nei suoi dintorni.
Questi oggetti giapponesi (san cai) non erano però chiamati Raku. Fu solo dopo che Chõjirõ conobbe il maestro del tè Sen no Rikyu (1522-1591) ed iniziò a creare delle tazze per la cerimonia del tè, che gli oggetti Raku si svilupparono. Si potrebbe dire che l’origine della Ceramica Raku proviene dalla creazione di un’unica tazza per la cerimonia del tè.
Le tazze da tè create da Chõjirõ erano inizialmente chiamate ima-yaki, letteralmente “oggetti di adesso”, cioè oggetti prodotti in un tempo presente. In seguito furono rinominati juraku-yaki, “cotto juraku”.
Il termine Raku
Il termine Raku deriva da Jurakudai, il nome di un palazzo, uno dei grandi simboli di quel tempo, costruito da Hideyoshi. Chõjirõ non adottò però il termine con il suo originale significato, che è “gioia” o “quiete”.
Raku divenne il nome della famiglia che produceva questi oggetti. Questo è il solo caso di un nome di famiglia diventato sinonimo di una produzione ceramica attraverso la storia.
Inoltre, ci sono poche famiglie dedite alla produzione di ceramiche che si sono succedute ininterrottamente di generazione in generazione come la famiglia Raku. L’utilizzo esclusivo delle smaltature monocrome nere o rosse rappresenta la caratteristica unica delle tazze da tè.
Una lavorazione manuale, Tecnica Raku
La Ceramica Raku è modellata a mano invece che a tornio, il ché la rende molto diversa dagli altri tipi di ceramica giapponese. La lavorazione manuale aumenta la possibilità di modellarla a piacimento e ciò permette allo spirito dell’artista di esprimersi liberamente attraverso le sue opere, con particolare chiarezza ed intimità.
Il metodo di cottura della ceramica Raku rimane lo stesso di quello usato al tempo di Chõjirõ. Invece di essere cotti a centinaia in un noborigama (forno a collina), ogni tazza viene cotta individualmente in un forno a muffola areato. Nell’istante in cui lo smalto fonde la tazza viene tolta dal forno caldo e subito raffreddata. L’uso di questa tecnica è caratteristico degli oggetti Raku in tutto il mondo.
Da 400 anni e per 15 generazioni la famiglia Raku ha mantenuto una tradizione univoca della ceramica. Questa tradizione non ha rappresentato un’evoluzione statica, ma un processo di costante rinvigorimento e invenzione.
Diffusione in America: Bernard Leach
Fu grazie al ceramista inglese Bernard Leach che il Raku fu conosciuto in occidente. Leach racconta, nel suo libro “Potter’s Book”, come scoprì, nel 1911 durante un soggiorno in Giappone, questa nuova tecnica di fare ceramica.
Il suo insegnamento influenzò più generazioni di ceramisti di lingua inglese. In America negli anni 60, ad opera principalmente di Paul Soldner, si cominciò a usare questa tecnica e dalla sperimentazione nacque un nuovo modo di fare Raku.
Un nuovo modo di fare Ceramica Raku: terra, fuoco, aria, acqua
L’oggetto, tolto dal forno raku incandescente, viene prima lasciato raffreddare all’aria, alla maniera dei vasai giapponesi, ma poi, ottenuta la riduzione in ambiente privo di ossigeno per creare lustri e riflessi dovuti alla reazione chimica degli ossidi metallici presenti negli smalti e nell’argilla, viene messo in acqua.
Si sperimentarono nuovi forni a cottura rapida; si trovarono nuovi impasti di argille e modi diversi di decorazione. La tecnica raku cominciò ad essere usata soprattutto come mezzo espressivo per realizzare vere e proprie opere d’arte.
La terra, l’acqua, l’aria e il fuoco erano gli elementi principali e uniti alla creatività dell’artista danno vita non solo a oggetti creativi, ma sviluppano nel contatto con la natura, gioia, pace e ricchezza interiore, che sono poi sostanzialmente il significato del simbolo Raku e della filosofia a cui si ispira.